Le critiche
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Quando le “cose” diventano poesia
Giorgio Pilla - Critico d’Arte


L’uomo ha sempre avuto nel suo DNA la propensione al “recupero” di materiali smessi oppure ritrovati casualmente [in riva al mare, nei boschi, nel deserto, a casa propria] con l’idea di riutilizzarli per necessità. Da qualche tempo alcuni artisti hanno considerato la possibilità che un “avanzo” della nostra società di surplus materialistico potesse essere pensato alla stregua di una sensazione del bisogno di evidenziare idealmente come ogni “cosa” si sia nutrita di una vita propria, che possa essere idealmente “mostrata” a tutti quale esempio del “nulla si crea, nulla si distrugge.... tutto può cambiare” anche con un producente senso di anti-consumismo.

Così facendo “l’uomo-artista “cambia la sorte dell’oggetto riutilizzato, assemblato con altri materiali e posto all’attenzione del pubblico, facendolo diventare, automaticamente, un’opera d’arte, avendogli conferito tale merito con la sua intenzione creativa, sia pur al di fuori dei canali d’arte istituzionali. Il primo ad avere l’idea di utilizzare il “ready-made” (il già pronto) fu il noto Artista Marcel Duchamp che all’inizio del secondo decennio del XX° secolo produsse opere, ritenute all’epoca dissacratorie dai bempensanti, quali: Ruota di bicicletta... (1913) - Scolabottiglie (1914) e il più famoso orinatoio rovesciato (Fontana del 1917) a dimostrazione provocatoria che ogni oggetto fosse degno di attenzione, seppur privo di razionalità e convenzionalita’ delle arti ufficiali, ponendo una pietra miliare per la storia dell’arte contemporanea aprendo la via a movimenti quale il Dada, a cui Duchamp aderì unitamente a molti altri celebri artisti dell’epoca.

Premessa questa necessaria per approcciarsi ai lavori di Carlo Maggiolo che nel suo divenire non si è reso conto appieno di aver ormai sorpassato il confine dell’hobby artigianale e di essere approdato a pieno titolo alla “banchina” dell’Arte facente capo, appunto, al filone del “Ready-made” e del New Dada. Egli inizia quasi per caso, assemblando materiali di scarto con i quali “monta” oggetti dalle immaginarie finalità, a volte funzionanti, quali lampade e orologi, degni del più moderno “design italiano” (cfr.: Le ore piccole) dimostrando di avere oltre ad una notevole fantasia creativa anche un senso pratico ed il piacere di dare nuova vita a “cose” che altrimenti sarebbero passate nel solito cassetto dimenticatoio.

Questa linea di riutilizzo continua per diverso tempo dando vita a molteplici oggetti degni di nota per la giocosità insita nella composizione, la curiosità che suscitano all’osservatore il quale vede in essi il premio all’ingegnosità dell’ Homo sapiens-sapiens, la capacità cioè di sopravvivere senza l’aiuto della moderna tecnologia usando le mani, il cervello e la fantasia. Carlo però, come accennato, ha già superato l’ideale linea che demarca l’artigianato dall’arte e ciò lo si evince dalle ultime elaborazioni; qui il Nostro ha iniziato consapevolmente a tener conto delle precise regole della scultura: gioco dei vuoti e pieni, plasticità nei movimenti di assemblaggio, coerenza stilistica, usando un linguaggio post-espressionista che gli permette ampia libertà compositiva, senza tuttavia ovviare alla magia del contrasto con l’uso di materie naturali (il legno) e materiali lavorati (pietra - vetro - acciaio -plastica etc.) posti quasi in contrapposizione con un rispettoso gioco dei differenti valori etici e visivi, basti ricordare solo alcune opere : “(SOLUNA et LEGNO)” ove l’intervento della natura aveva già posto le condizioni ed i suggerimenti per l’attuazione di un UNICUM artistico esaltato dall’Autore.

Mi piace anche l’idea che, con una delle ultime opere, Carlo Maggiolo abbia già raggiunto una maturità tale da permettergli la creazione di sculture “tout court”, ne fa testo il pezzo “ALCI” in cui un grosso tronco d’albero è stato trasformato con tecnica “a levare” in sintetiche teste del nobile animale dense del fascino di una natura incontaminata e felice.

Vorrei chiudere ricordando a Carlo che l’arte dell’assemblaggio, fu usata dal grande Constantin Brancusi che amava riutilizzare parti di sue precedenti sculture per creare nuove plastiche, geniali fantasie.


Giorgio Pilla - critico d'arte
www.giorgiopilla.it


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l'arte del riciclo